Spoletini all’estero: Leonardo Musci, la “circolare E” che marcia in Messico

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  • «Fiero di essere uno spoletino che cerca di far conoscere ogni giorno la nostra città, i nostri valori, le nostre tradizioni in una sorta di unione fra tecnologia di avanguardia, amicizia profonda e cultura»

    di Alessio Cao

    (DMN) – Spoletini all’estero attraversa di nuovo l’oceano per andare a conoscere un concittadino che vive in Messico da molti anni, Leonardo Musci.

    Ciao Leonardo, raccontaci la tua storia. Sappiamo che hai lasciato Spoleto molti anni fa per approdare prima in Svizzera e poi in Messico dove ti sei stabilito definitivamente.

    Quel 1977 é ormai lontano, avevo 17 anni e tanti sogni nel cassetto. Vivevo in quegli anni a casa dei miei nonni e zii, sicuramente conosciuti a Spoleto per la loro Pasticceria Vincenzo.

    Mi trovavo allora in una situazione difficile, assai complicata dal punto di vista familiare, per cui pur avendo il pieno appoggio da parte dei miei zii, decisi di far la valigia e lasciare Spoleto. A quei tempi non avevo ovviamente ancora visualizzato la possibilità di un addio, consideravo la mia partenza un momento passeggero.

    Come è nato il tuo viaggio all’estero? Di cosa ti sei occupato in questi anni e ovviamente cosa fai ora?

    L’ idea di partire nacque da una serie di circostanze difficili da spiegare.
    La mia partenza da Spoleto fu difficile, amara per certi versi e sofferta, perché lasciavo la famiglia e gli amici.
    Presi il treno e me ne andai a Berna, in Svizzera dove in quegli anni viveva, dal lontano 1954, mio padre. Sembrava una tappa dovuta per un ragazzino come me, alla prima esperienza fuori casa.
    Ebbi la fortuna di trovare subito lavoro.
    A distanza di qualche mese ero nella più antica e prestigiosa società di atletica leggera della Svizzera, mi allenavo tutti i giorni come facevo a Spoleto.
    Lavoravo dalle 7 alle 17, e mi allenavo dalle 18 alle 20.
    In Svizzera trovai lavoro presso un’ azienda che faceva macchine rotative per le principali case editoriali di mezza Europa, la VIFAG. Fu la mia prima vera esperienza lavorativa, mentre mi davo anche il tempo per vincere gare di marcia un po’ per tutta la Svizzera,che comunque mi stava stretta. Non era il mio sogno di vita. Fin da piccolo ho avuto una certa affinità con il Messico, era un po’ quel paese da favola, immaginario, che uno ha nei propri sogni di bambino. Inoltre in quegli anni la scuola messicana di marcia era all’apice del successo a livello mondiale.

    Un concetto nuovo di marciare, di allenarsi. Quindi fu difficile per me non esserne attratto. La marcia, il Messico… e senza neanche immaginarlo arrivò a casa di mio padre a Berna, invitata da mia sorella Cinzia, una ragazza messicana, Pilar.

    Fu un fulmine a ciel sereno, me ne innamorai lo stesso giorno che la conobbi. Oggi sono 37 anni di matrimonio con lei, messicana di Città del Messico. Nel 1982 venimmo a Città del Messico. Prima lavorai in Siemens come tecnico di apparati radiologici al Centro Messicano della Salute, come responsabile del reparto di radiologia. Durai non meno di un anno. Poco tempo dopo mi arrivò la proposta di lavoro da parte di Parfums Christian Dior del Messico. In quegli anni volevano iniziare un progetto nuovo: creare il centro di elaborazione dati.

    Appena iniziavo a interessarmi dei computer, ma quella sfida professionale cambiò la mia vita. Fu proprio in quel momento che decisi di lasciare la mia passione, la biologia, per l’informatica.

    Oggi sono ingegnere informatico, laureato presso una delle migliori università del Messico, per poi ottenere un master in amministrazione aziendale con controllo della qualità. Ancora oggi faccio fatica a rendermi conto di quanto fatto in tutti questi anni, io spoletino, semplice, uno qualsiasi.

    In Parfumes Christian Dior durai 17 anni, uscendo come vice direttore della filiale messicana dove ho coperto il ruolo di direttore delle operazioni e della tecnologia di informazione. Fui un po’ il padre dell’area informatica dell’azienda.

    Nel 2000 in un viaggio di ritorno a Spoleto, rincontrai un vecchio e caro amico dell’adolescenza, Paolo Barbatelli, e da li nacque l’idea di un progetto che ancora oggi porto avanti: portare una fetta della mia Spoleto, dei miei amici come Paolo ed Ermanno Bonifazi qui a Città del Messico.

    Dal quel lontano 2001 porto avanti la subsidiaria di Solgenia prima e di Avantune oggi, azienda spoletina leader a livello mondiale di soluzioni software per le aziende, oggi completamente in modalità Cloud.

    Un percorso difficile, a volte anche travagliato del quale mi sento fiero. Fiero di essere uno spoletino che cerca di far conoscere ogni giorno la nostra città, i nostri valori, le nostre tradizioni in una sorta di unione fra tecnologia di avanguardia, amicizia profonda e cultura.

    Un lungo tempo lontano da casa, come ti sei ambientato in Messico?

    Il Messico è un paese affascinante sotto molti aspetti, una sorta di quadro nel puro stile Salvador Dalí. Affascinante ma al tempo stesso diffcile da capire, almeno per uno come me che veniva dalla Svizzera dove tutto è programmato, strutturato. Il Messico è un paese di contrasti dove basta girare l’angolo per passare dal quartiere piú scic, a uno dove la povertà è la fedele compagna di tante persone, soprattutto bambini. Però il fascino di questo paese é sempre stato presente nella mia vita. Credo sia stato il regalo piú grande che possa avermi fatto il Signore: una moglie e una figlia messicane, una laurea messicana, vivere in Messico. Un sogno da bambino diventato realtá. Giorno dopo giorno il Messico é diventato il mio paese di adozione, mi sono obbligato a imparare la lingua, lo spagnolo e non il messicano come molti pensano, perché volevo diventare uno di loro, essere parte di questo inmenso e fantastico paese. Devo dire che senza l’aiuto dei miei suoceri e di mia moglie sarebbe stato molto piú difficile ambientarmi. Un grazie di cuore va alle tante persone che ho avuto il piacere e l’onore di conoscere, gente semplice, autentica che mi ha accolto come se fossi uno di loro, ai tanti messicani, messicane, che hanno dato un senso alla mia presenza in questo paese. Loro sono il segreto della mia felice ambientazione in Messico.

    Quali sono le differenze con l’Italia e quali i punti di forza di questo paese?

    Le differenze fra Italia e Messico: dopo tanti anni é difficile fare distinzione, nel mio caso Italia e Messico si fondono in un solo paese, una specie di frullatore dove ogni giorno si mescolano due culture cosí distanti. Per capirne le differenze, almeno noi italiani dobbiamo scendere dal piedistallo della nostra enorme e grandissima storia, cultura. Il Messico é un paese grande, con tradizioni profonde che trafiggono e spezzano i 3 secoli di dominio spagnolo. Allo stesso tempo la cultura spagnola si è fusa con quella pre-hispanica, creando una società criolla con sfaccettature assai diverse da quella italiana. Una popolazione indigena che parla 45 lingue diverse, immersa ognuna nel suo passato, nelle sue ancestrali tradizioni, cosí come il resto della popolazione frutto dellʼunione di due mondi. Una cucina internazionalmente riconosciuta, oggi patrimonio dell’umanitá, fantastica, fatta di sapori, di pregevoli sapori forti e piccanti, che poco ha che fare con la nostra cultura culinaria. Due stili assai differenti. Un paese dove l’inverno é da 15 gradi sugli altipiani e 30 in riva al mare. Un paese dove si vive normalmente oltre i 2000 metri, un paese che dal nord al sud cambia drasticamente nelle usanze, nei costumi, nelle fisionomie delle persone, nel clima. Dalle estese zone desertiche del nord, alle rigogliose foreste tropicali del sud. Dalle grandi mandrie di bovini e suini da esportare negli States, alle immense piantagioni di banani, di caffé, di cacao, di spezie tropicali. Il tutto con quel tocco di piccante tipico del Messico dove esistono più di 200 varietà di peperoncini, uno per ogni pietanza. In questo mio mondo del Messico radicano le principali differenze con la mia Italia. Senza poi dimenticare le differenze sociali, politiche, economiche fra i due paesi.

    Come ci considerano i Messicani? Ci sono possibilità lavorative diverse dall’Italia?

    L’ Italia per il messicano è la culla della cultura, un paese con un fascino particolare. L’ Italiano è un po’ il bello, rappresentante della eleganza, del buon vestire.

    Leonardo a Spoleto ti ricordano come “la circolare E”, raccontaci l’origine di questo soprannome.

    Vecchia storia di quando mi allenavo a Spoleto. Io lo sport non lo facevo per vedermi bene, io lo facevo con passione, con immensa dedizione e soprattutto convinzione. Quindi mi allenavo da lunedì a domenica e la mia specialità mi obbligava a percorrere lunghe distanze in solitudine. A volte si andava dai 20 ai 30 chilometri. Si partiva e ritornava allo stadio comunale, tutti i giorni. Per cambiare un po’ questa monotonia, decisi di fare gli ultimi chilometri del mio allenamento passando da Piazza Garibaldi per Piazza della Libertá fino allo stadio. Inizialmente molte persone si sorpresero della mia spavalderia di marciare in vie così pubbliche, poi con il tempo divenne abitudine vedermi passare ogni giorno, sia con il sole che con la pioggia o grandine. In quei tempi solo esistevano le circolari A, B e C, ovvero gli autobus del trasporto pubblico spoletino. Non so’ a chi venne in mente, ma da un giorno all’altro, siccome passavo praticamente alla stessa ora, cominciarono a dirmi la circolare E. Un soprannome che ancora oggi ricordo con molto piacere, perché era una forma di simbiosi fra i miei concittadini e me, giovane marciatore.

    Cosa ti è mancato maggiormente in questi anni di Spoleto e dell’Italia?

    Mancano tante cose, principalmente la famiglia, gli amici, quella sensazione di appartenenza, l’essere spoletino prima di tutto, l’essere italiano. In Messico salvo mia moglie e mia figlia, praticamente non ho nessuno. Si, ovviamente qui ho amici, persone care, ma quando si è in sala, soli, vedendo la televisione o leggendo un libro, la mente non puó fare meno di immagginare cosa sia passare alla Pasticceria Vincenzo, salutare i miei zii, mangiare un maritozzo con la panna o andare dopo un allenamento alla Pizzeria dei Duchi, riprendere energie con una bella margherita, di quella che faceva la mia zietta. Le domeniche a casa con i miei nonni, la mia mamma, i miei zii, fra grida, fra una partita di pallone e un piatto di strangozzi, quelli che faceva la mia nonna. La corsa sulla spianatoia spalmata di polenta per mangiare la salciccia come premio. Molte sono le cose che mi sono mancate o che ancora oggi mi mancano di Spoleto, della mia Italia. Agli inizi qui in Messico trovare una bottiglia di olio di oliva, o un chilo di pasta (come Diu commanna) era una impresa. Parlare il mio dialetto con qualche connazionale, insomma é una lunga lista, ma con gli anni ho saputo trovare nelle tradizioni e nella gente del Messico un rifugio.

    Farai mai ritorno a casa o hai altri progetti per il futuro?

    Sono 6 anni che non ritorno a Spoleto, un po’ per decisione da quando é venuta a mancare la mia mamma, un po’ per gli impegni e per la situazione economica che passa il paese, ma non demordo dall’idea di ritornare a trovare la mia famiglia e gli amici cari. Ritornare definitivamente a Spoleto non lo credo possibile, ormai la mia vita è qui in Messico. Progetti per il futuro? Tanti, anzi devo dire che ogni giorno ho una idea nuova. Solo il logorio della vita, l’etá e la salute saranno un freno alla mia insaziabile voglia di vivere.

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    Sottoscrivo in pieno (e chi non lo farebbe?). E a proposito di "bitume mal posato, con possibilità di cadute per.....
    Carlo neri 2024-07-06 09:48:20
    La trave nel....l'occhio altrui è sempre una pagliuzza.
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    Chiunque incontri la Tesei e non rivendichi la riapertura immediata di tutti i reparti del San Matteo chiusi nel 2020,.....
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