Nella seconda serata del triduo in onore di S. Ponziano, 11 gennaio, si è affrontato il tema “Terremoto: revisione di vita” illustrato dal vescovo di Carpi mons. Francesco Cavina che il 29 maggio 2012, a soli tre mesi dal suo ingresso in Diocesi, si è confrontato con il violento sisma che sconvolse l’Emilia Romagna. Ancora una volta molte le persone che hanno sfidato il freddo e sono giunte nella palestra dell’Oratorio del Sacro Cuore a Spoleto.
«È terrificante – ha detto mons. Cavina – avvertire il boato del terremoto, osservare impotenti il pavimento che balla sotto i tuoi piedi, notare i muri che scricchiolano e dondolano e sperimentare la più assoluta impotenza. Ma il sisma non scuote solo la terra, è anche un mostro che semina paura e desolazione e dopo il passaggio rimane il deserto materiale ed esistenziale. È una furia devastatrice che fa emergere la fragilità delle certezze sulle quali costruiamo la nostra vita e la nostra società e fa toccare con mano che le nostre presunte sicurezze sono un gigante con le gambe d’argilla». Il Vescovo di Carpi ha citato alcune testimonianze di giovani, che dopo il sisma si sono domandati, tra l’altro: Su cosa poggia la mia vita? Per quali ideali vivere? Come è possibile continuare a vivere? Dove trovare una ragione per ricominciare a ricostruire? Come rimanere saldi nella disgrazia? «La gioia di appartenere a Qualcuno (Dio) – ha detto il Presule emiliano – cambia la vita di una persona e dà origine ad un popolo, il popolo di Dio, la famiglia di Dio. Chi appartiene a questa famiglia non sarà mai solo. L’amicizia di Gesù e dei fratelli si manifesta attraverso la miriade di opere caritative che sono nate nella Chiesa, nell’incontro con le persone, attraverso la forza della preghiera vissuta con e per gli altri. Se le macerie spirituali del terremoto non hanno tolto la speranza è anche perché moltissime persone ci hanno sostenuto con la loro preghiera, con la loro supplica. La speranza dalle macerie è rinata dalla fatica di ripetere, giorno dopo giorno, il nostro “Fiat” a questa fraternità che ci solleva, ci porta, cammina con noi, si fa carico delle nostre fatiche, dei nostri dubbi, delle nostre paure. Oggi – ha concluso Cavina – posso dire che il terremoto non solo ha tolto, ma ha anche dato. Ha rotto il sonno dello spirito e mi ha fatto capire con maggiore chiarezza che il Signore non è un risolutore di problemi. In tutta la paura e l’angoscia, rimane la certezza che Dio è con noi; come il bambino sa sempre di poter contare sulla mamma e sul papà perché si sente amato, voluto, qualunque cosa accada».
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