“OPUS & LIGHT” alla Chiesa della Madonna del Pozzo presenta una installazione di Elisa Gambino

  • Letto 1786
  • “OPUS & LIGHT”anno XIX° MADONNA del POZZO 6 gennaio – 29 febbraio 2016
    Progetto: STUDIO A’87 – in collaborazione con Palazzo Collicola Arti Visive e con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Spoleto

    ELISA GAMBINO ”La Madonna Bambina”

    Inaugurazione: Porta Monterone 5 SPOLETO / mercoledì 6 gennaio 2016 ore 17:30

    Installazione visibile ad orario continuato, giorno e notte fino al 29 febbraio 2016

    Molti aspetti relativi alla storia e al significato dell’iconografia della Vergine Bambina, sono tutt’ora incerti e da chiarificare. Di certo sappiamo che le origini del culto appartengono alla Chiesa orientale greca, dai cui poi – intorno al VIII secolo – i romani, grazie al processo di acculturazione promosso da pontefici di origine orientale come Sergio I – nativo di Antiochia e fautore della solennizzazione di tale festività – ne ripresero la liturgia per diffonderla in occidente. È dal XI secolo in poi che la celebrazione acquista sempre maggiore importanza, tanto da spingere Innocenzo IV, nel 1243, a dichiarare il culto della natività di Maria quale festa obbligatoria della Chiesa latina d’occidente. Per capire meglio il livello di importanza che arrivò a toccare, si ricorda come in Francia il culto divenne talmente sentito, da guadagnarsi il nome di Festa Angioina, oppure il fatto che, nel 1572, il Duomo di Milano venne dedicato da S. Carlo Borromeo – che dieci anni prima fu governatore di Spoleto – a Maria Nascente, o come il Cardinale Federico Borromeo – cugino del primo – nel “De pictura sacra”, immaginandone la raffigurazione, descrive la natività della Vergine come l’apparizione di una bambina in fasce adagiata nel mezzo di una grande luce e circondata da entità celesti. Inoltre, proprio da quest’immagine idealizzata del Borromeo, prese spunto Suor Isabella Chiara Fornari, superiora delle Francescane di Todi, per la realizzazione, nel XVIII secolo, del più famoso simulacro dedicato a Maria Bambina, ancora oggi visibile a Milano ma, probabilmente, il più grande a trattare il tema fu Giotto nell’esecuzione degli affreschi della Cappella degli Scrovegni con il ciclo delle Storie di Maria del XIV secolo, che si aprono canonicamente con la Natività di Maria. La celebrazione e il culto godettero di questo alto status di considerazione per tutti i secoli seguenti fino al pontificato di Pio X – 1903/1914 – il quale ne ridimensionò i tratti togliendola dall’elenco delle festività ecclesiastiche di precetto. Ciò che la storia consegna al presente di una figura religiosa tanto enigmatica quanto affascinante, è prima di tutto la possibilità, con i mezzi attuali, di coglierne e riformularne quei caratteri capaci di andare a incidere sulla sensibilità comune, ponendo particolare attenzione sulle loro modalità d’estrinsecazione. Un invito a riflettere intorno a queste coordinate storiche, culturali, emotive e comunicative, ci è fornito dall’opera “Madonna Bambina” di Elisa Gambino. Da subito si è catturati dal prezioso dialogo artistico che l’opera insatura con lo spazio che la ospita, generando suggestive e vicendevoli contaminazioni di differenti spunti cronologici e semantici, pur possedendo alcune analogie genealogiche. La fotografia, il cui soggetto è ospitato nella chiesa di S. Stefano a Bologna, più in particolare, grazie a un utilizzo volutamente marcato e studiato del rapporto fra contrasti, ombre e effetti luminosi, riesce a descrivere con grandissima coerenza, l’essenza dell’immagine della Vergine Bambina. La dimensione devozionale fortemente popolare che da sempre ne ha accompagnato il culto, ne sottolinea un aspetto più di altri, quello – si potrebbe dire – di tramite o di anello di congiunzione fra umano e divino. Con ciò si fa riferimento al fatto che la figura della Vergine, più di molte altre, rappresenta questa stretta commistione e, ripercorrendone le vicende dell’infanzia o immortalandone un profilo infantile, sembra si voglia andare all’archetipo, all’inizio di questo binomio che si nutre, al di là ora di ogni considerazione dottrinale, della coincidenza di immanente e trascendente. Ecco, dunque, che il mezzo fotografico, da strumento che per sua natura è indissolubilmente legato alla realtà, riesce, valorizzandone alcuni singoli aspetti, a tradurne quanto di più nascosto e lontano essa possieda. Si accede, così, attraverso le precise chiavi di lettura che l’artista ci fornisce con la scelta di illuminazione, cromìa e messa in scena, a una dimensione altra in cui spazio e tempo, passato e presente si fondono, al fine di definire nell’effigie della Madonna Bambina, un codice comunicativo e antropologico universale. L’immagine in questione, pertanto, svuotata del suo significato prettamente religioso, esplicita esclusivamente quei valori che ne fanno, innanzitutto, un sistema visivo atemporale, evocativo e evanescente, in grado di sollecitare stimoli intellettuali che prescindono da ogni qualsivoglia circostanza, contrassegnando il tutto di un quid di misterioso e ineffabile. Vediamo, pertanto, come la ricerca di Elisa Gambino, partendo dal dato reale per poi evidenziarne le peculiarità più stranianti, avvicini in un medesimo scatto e in un solo momento cognitivo, fattori diametralmente opposti che, tuttavia, appartenendo alla stessa realtà, si rivelano perciò complementari fino a mostrare tangenze tali, da far percepire come più labile se non addirittura permeabile, la barriera dell’inconoscibile e del metafisico.

    Davide Silvioli

    Il progetto “Opus & Light” di Franco Troiani / Studio A’87, da diciannove anni prevede interventi di singoli artisti contemporanei nello spazio della chiesetta Madonna del Pozzo di Porta Monterone a Spoleto, ingresso sud della Città medievale, sull’antico tracciato della Via Flaminia: installazione di un’opera a confronto con la specificità del luogo, impreziosito da un ciclo di affreschi che racchiude in sé un intero secolo della storia della pittura italiana (1493-1600). L’autore dell’affresco della Madonna del Pozzo datato 1493, nella parete di fondo, recentemente restaurato da Mariella Farinelli, è di Bernardino Campilio da Spoleto:La combinazione degli elementi stilistici, ornamentali e grafici consente di attribuire questo trittico murale (Madonna col Bambino tra i santi Giovanni Battista e Pietro martire patrono di Spoleto) a Bernardino Campilio da Spoleto, artista estroso di cui si sa che oltre a dipingere si dilettava anche di poesia e di musica (suonava cetra e liuto). Era nativo di Lenano, nei pressi di Campello, località da cui prese il nome latinizzato Campilius, e lasciò opere in tutto lo Spoletino, nella Valnerina meridionale e nel Piceno. Fu in contatto con Pier Matteo d’Amelia all’epoca del polittico di Terni (1483). L’influenza del maestro amerino si palesa nel san Giovanni Battista del presente affresco e nel medesimo santo del trittico di Arrone oggi ridotto alla sola predella firmata e datata 1487 (oggetto di prossima pubblicazione). Può considerarsi l’ultimo pittore autoctono spoletino prima dell’avvento di Giovanni Spagna e di Jacopo Siculo, seguaci e divulgatori rispettivamente di Pietro Vannucci detto il Perugino e di Raffaello Sanzio”

    Romano Cordella

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