Quattro epigrafi frammentarie di epoca repubblicana, datate tra il 150 e il 140 a.c., successivamente reimpiegate nelle mura medievali della città e oggi custodite nei depositi del Museo Archeologico Nazionale e Teatro Romano (Mantr), confermerebbero il passaggio di Annibale da Spoleto nel 217 a.c., ma non solo. Il generale cartaginese avrebbe assediato la città che gli resistette strenuamente e sottratto delle statue che, circa 70 anni dopo, sarebbero state poi restituite.
E’ questa la ricostruzione storica dei fatti proposta dal Professor Filippo Coarelli nel corso della conferenza ‘Annibale a Spoleto, riscoperta di un’epigrafe’, svoltasi venerdì scorso, 13 giugno, in una chiesa di Sant’Agata gremita. Le quattro lastre, probabilmente parte di un’iscrizione ancora più lunga e completata quindi da pezzi tutt’oggi mancanti, si riferirebbero in particolare proprio all’episodio della restituzione delle statue agli spoletini. Nella prima compare per esteso il nome ‘Annibal’, nelle altre si parla di statue (‘signa’) che il popolo avrebbe dovuto riaccogliere e di nuovo sacralizzare attraverso una procedura di voto pubblico.
Coarelli ha spiegato come Scipione Emiliano, il generale romano che vinse la Terza guerra punica distruggendo Cartagine nel 146 a.c., avrebbe restituito a varie città le statue saccheggiate da Annibale durante la Seconda guerra punica (218-201 a.C.) e da questi portate in Africa. Tali statue, nello specifico, sarebbero state rubate da un santuario probabilmente dedicato a Giove (in una delle epigrafi ‘[Iov]ei’), identificato da Coarelli con quello importantissimo menzionato da Plino il Giovane alle Fonti del Clitunno, allora di pertinenza della colonia spoletina. Nel 217 a.c., infatti, Annibale, dopo aver vinto la battaglia sul Trasimeno, sarebbe passato da lì, e quindi da Spoleto, puntando Roma attraverso la via più breve, ovvero la via Flaminia originaria, inaugurata solo tre anni prima dal console Gaio Flaminio. A seguito della restituzione, infine, le statue sarebbero state posizionate su un donario, sostenute da un robusto basamento su cui fu apposta la lunga iscrizione custodita oggi al Mantr.
Ritenute a lungo un falso di epoca medievale e quindi dimenticate, le quattro epigrafi frammentarie, riscoperte dalla nuova interpretazione di Coarelli, costituiscono in realtà un documento raro (ne esistono pochi altri esemplari in Italia) e di inestimabile valore. Il Mantr, non a caso, è già a lavoro per la musealizzazione dell’iscrizione che rivoluziona l’archeologia locale e conferma una volta di più la notevole importanza di Spoleto in epoca romana.
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