Riceviamo e pubblichiamo integralmente:
Notiamo con piacere che, da qualche giorno, tutti sembrano essersi accorti del problema che riguarda l’ospedale di Spoleto. Negli ultimi anni, da quando una scelta scellerata della Giunta regionale di destra ha chiuso il nostro ospedale, dando poi vita all’idea del cosiddetto “terzo polo ospedaliero”, gran parte degli attori politici della città è rimasta in silenzio, spesso infastidita ogni volta che si cercava di affrontare la questione. Oggi, improvvisamente, il tema è diventato il più discusso: prima il silenzio, ora l’urlo. Mentre l’indignazione “a tempo determinato” cresce, si moltiplicano idee futuristiche che però non risolvono nulla nell’immediato. Si parla di nuovi progetti e di costruire un nuovo ospedale, mentre il San Matteo degli Infermi soffre per la mancanza di personale e per i servizi che non funzionano. Il problema non è costruire una nuova struttura, ma far funzionare quella esistente. Parlare di edificare qualcosa di nuovo senza prima mettere ordine in ciò che abbiamo è solo una presa in giro: uno spreco di tempo e di risorse che andrebbero invece investite per riaprire posti letto, assumere personale e ripristinare i servizi. Il Consiglio Comunale, su nostra iniziativa, ha approvato una richiesta di revoca della delibera istitutiva del terzo polo ospedaliero. Attendiamo ora che le promesse fatte, prima in campagna elettorale e poi in commissione, dalla Presidente della Giunta regionale trovino riscontro nei fatti. La vera emergenza è un ospedale che non funziona e un personale sanitario lasciato solo. La nostra preoccupazione è confermata da quanto accade nel reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale di Spoleto: nel mese di ottobre sono previsti otto turni senza la presenza del ginecologo. La Usl 2 parla di “giorni critici”, ma temiamo che questa situazione possa diventare la norma, con gravi conseguenze per le donne che, almeno dalle 8 alle 20, contavano sulla presenza dello specialista anche per eventuali accessi dal Pronto Soccorso.Serve un cambiamento radicale: invece di sognare un nuovo ospedale, occorre onorare e far vivere ciò che abbiamo, una struttura che è sempre stata un fiore all’occhiello della sanità regionale. Altrimenti, rischiamo di vendere sogni mentre personale sanitario e pazienti pagano sulla propria pelle le conseguenze di una sanità pubblica in declino.
Paolo Piccioni
Giancarlo Cintioli
Donatella Loretoni








Lascia un commento