A trent’anni dal debutto, dal 4 al 6 luglio (ore 21, ore 17, ore 18) all’Auditorium della Stella Federico Tiezzi e Sandro Lombardi riportano in scena Edipus di Giovanni Testori: uno dei loro più grandi successi che, subito dopo la scomparsa dell’autore, ne rilanciò la drammaturgia. Italiano mescolato a dialetto lombardo, francese, latino e spagnolo, con echi di Ruzante, la lingua di Testori è rivoluzionaria, ed è questa inventiva a rendere Edipus un capolavoro di “teatro di poesia”.
Quella di Edipus fu un’interpretazione che valse a Sandro Lombardi numerosi premi e una lunga serie stagioni teatrali. Un ritorno al passato per dare ancora vita al testo e offrire una nuova possibilità al pubblico di assistere a uno dei più significativi spettacoli della Compagnia Lombardi-Tiezzi. A fianco di Sandro Lombardi, in scena anche Antonio Perretta, attore diplomato al Piccolo Teatro di Milano e allievo dell’ultimo Teatro Laboratorio della Toscana, il corso di alta formazione per attori diretto da Tiezzi. Le scenografie, ora come allora, sono firmate da Pier Paolo Bisleri. Così anche i costumi da Giovanna Buzzi e il progetto luci da Gianni Pollini.
«A distanza di alcuni decenni – racconta Tiezzi – capita di selezionare dalla memoria alcuni lavori particolarmente significativi. Capita che giovani attori esprimano il desiderio di vederli. I video non bastano, servono i corpi, i cuori, le menti. Da queste considerazioni è partito il progetto di riallestire questo Edipus. Un’operazione che tende a verificare il senso e la tenuta del lavoro, innescando anche il confronto tra le due diverse realtà anagrafiche dell’attore: il senso del tempo passato, delle esperienze accumulate, della nostalgia da un lato e della felicità della rinascita dall’altro».
Edipus narra di una compagnia di teatranti povera e scalcinata: gli Scarozzanti. Il capocomico è stato abbandonato da tutti: il primo attore ha preferito andare a fare il travestito in una compagnia di cabaret, e la prima attrice ha lasciato il teatro per sposare un mobiliere brianzolo. Sera dopo sera, e tutto da solo, lo Scarozzante mette su la tragedia di Sofocle coprendo tutti i ruoli e tutte le funzioni: da Laio a Giocasta, da Edipo a Dioniso, nel progressivo intensificarsi di una tensione al delirio e alla follia. Nel corso della sua squinternata rappresentazione, lo Scarozzante confonde via via il piano del racconto mitico con quello della sua disastrata vicenda biografica, così che il risentimento di Edipo nei confronti del padre si salda a quello del capocomico nei confronti del primo attore. E l’odio-amore per Giocasta si sovrappone ai sentimenti che il guitto nutre per la prima attrice, sua ex-compagna di scena e di vita.
Attorno a quest’asse freudiano si stratificano le molte poetiche velature del testo: la violenta polemica contro la fusione dei poteri: quello dello Stato con quello della Chiesa e quello della Rivolta, i teatri deserti con i loro arcaici sistemi d’illuminazione. E poi i palcoscenici vuoti lontani dai centri del mondo, dove sperduti attori danno voce sera dopo sera al mito.
Con Edipus (1977) Testori concludeva, dopo l’Ambleto e Macbetto, la trilogia degli Scarozzanti: fantastica reinvenzione, tutta in chiave barocca, del mondo tragico, grottesco e disperato di un’accolita di attori plebei, che girano le periferie d’Italia, contaminando il piano mitico e alto della rappresentazione (desunta volta a volta da archetipi della grande letteratura teatrale), al piano delle vicende personali, innescando un meccanismo scenico di prodigiosa, intensa teatralità dove Sofocle e Shakespeare convivono con l’avanspettacolo, il melodramma con il varietà, il mito con il presente.
Eros e politica, religiosità e senso panico della natura, voluttà di morte e sfida disperata alla vita, gusto del grottesco e anarchica rivendicazione di una libertà assoluta, si intrecciano in un groviglio dipinto con i colori plumbei e funerei della grande pittura lombarda del seicento. Ma attraversato di continuo da irresistibili scariche di comicità.
Il tutto raccontato in una lingua per metà dialetto lombardo, per metà idioma reinventato attraverso il francese, il latino, lo spagnolo. Una lingua memore di Ruzante, una lingua del teatro, che è la forza dirompente e rivoluzionaria di questo grande testo di ‘teatro di poesia’.
Lo spettacolo è una produzione Compagnia Lombardi-Tiezzi, realizzato in collaborazione con Fondazione Teatri di Pistoia e Associazione Giovanni Testori.
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