“Gian Carlo Menotti ed il Festival meritano rispetto e verità”

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    Riceviamo e pubblichiamo integralmente:

    Non volevo scrivere questo articolo perché Spoleto attraversa un momento delicato,  ma penso che prima di tutto per ognuno di noi, la verità deve vincere sulla menzogna, la chiarezza sull’ipocrisia, e di fronte ad un docufilm (proiettato al teatro Nuovo il 30 dicembre) kafkiano-balzacchiano, di fronte alle tante non verità che sono state esplicitate penso che il silenzio sia percepito come atto di complicità, la condivisione come atto di estrema provocazione o di ignoranza.
    Ignoranza nel senso più letterario del termine, perché chi parla nel documentario non conosce, quindi ignora totalmente le vicende del festival dei Due Mondi e della città di Spoleto.
    A partire dai luoghi e la storia degli stessi che vengono totalmente ignorati dal direttore ” genio e salvatore” e cita il teatro Romano ed il teatro San Nicolò come luoghi che avrebbero fatto “innamorare” Gian Carlo Menotti di Spoleto, peccato che erano ancora dei cantieri nel 1958 e che il Nicolò è stato ristrutturato ed adeguato solo negli anni 80 ( consiglio di leggere almeno una volta Spoleto In Pietre di Bruno Toscano con particolare riferimento a pag 87, 31, 55).
    In sostanza si racconta e si fanta-documenta che era tutto finito, “nessuno voleva venire più a Spoleto” e per fortuna è arrivato il salvatore della Patria ed ha salvato la “baracca”- In questa farsa è andato in scena più che il mondo, una sorta di tragedia-commedia pirandelliana
    del tipo “Il Gioco delle parti” tipica piece dell’autore siciliano, nelle quali spesso si invertono i ruoli, o almeno i ruoli  percepiti dalla realtà e dalla comunità o dalla maggioranza delle persone e quindi i virtuosi diventano malfattori, i portatori di negatività diventano benefattori e salvatori.

    Villa_del_Sole_Trevi

    Quindi Gian Carlo Menotti dopo aver allevato galline al caio melisso (come è stato detto in più di una occasione all’ultima edizione del festival), diventa un buffettaro ed un intellettuale radical con tanto di applausi del pubblico e dei tanti, come si dice a Spoleto…pecoroni , poi pronti ad innescare le lingue taglienti già all’uscita del teatro.
    Vorrei ricordare che prima di venire a Spoleto Giancarlo Menotti è stato per ben due volte premio Pulitzer negli Stati Uniti e le sue opere “Amelia al ballo”, “The Saint of Bleecker Street” e “the telephone” sono state e sono tra le più rappresentate nei teatri americani e nelle tv americane, ancora oggi. Come ha detto un famoso critico teatrale e come tanti altri critici hanno detto e scritto, riporto testualmente :
    “il festival di Ferrara di oggi, per quello che è, non vale nemmeno il biglietto dell’autostrada Spoleto-Roma, 4,40 euro, meglio stare a casa ed andare al cinema o al teatro”. E poi ancora ” è uno dei tanti  festival di provincia di cui l’Italia è piena, l’Italietta di una provincia che deve contabilizzare. qualcosa di economico”, ivi compresi i costi dell’ignoranza.
    Io stesso, e tanti altri tra critici, giornalisti, musicisti, direttori di orchestra, operatori dello spettacolo spesso preferiamo non vedere le opere di questo festival, perché si va ad incidere sulla memoria di qualcosa che era bello, unico e culturalmente ineccepibile, ed oggi
    non cè più nulla, se non autocelebrazione e comunicazione edulcorata.
    Spero veramente che Spoleto ed il suo festival trovino un futuro ed un indirizzo , ma soprattutto che sia fatta verità sul fondatore Gian Carlo Menotti e mi appello alle persone che hanno vissuto i festival dal 1958 al 2007, ivi compresa l’ultima edizione a ricordare quello che è veramente è oro da altri metalli che luccicano appena.
    E’ proprio vero che a volte, come dice la famosa canzone, la nostalgia può essere canaglia, ma sempre meglio che…avere la coda di paglia..

    Luca Filipponi

    Immagine da Internet

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    One Comment For "“Gian Carlo Menotti ed il Festival meritano rispetto e verità”"

    1. Enrico Scaramucci
      Gennaio 3, 2018

      Avendo vissuto dall’interno edizioni del festival che,ti facevano essere orgoglioso di esserne parte anche se come piccolo ingranaggio di una macchina meravigliosa, mi trovo completamente d’accordo con l’articolo, e ho constatato, purtroppo , che come per tante altre cose on Italia, apparire oramai conta più dell’essere , e se tu puoi far parlare di te, mistificare le cose è facilissimo…..ma che tristezza @
      Bravo Luca!

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