Arredo Urbano e dehors, l’Assessore Cappelletti fa chiarezza

Riceviamo e pubblichiamo dal Comune di Spoleto:

In merito alle polemiche sui dehors e sul regolamento dell’arredo urbano l’Amministrazione Comunale ripercorre le tappe che hanno portato al regolamento, spiegando l’importanza delle nuove regole per la tutela dei beni monumentali e della vocazione turistica di Spoleto e respingendo come strumentali e infondate le accuse di aver imposto all’improvviso ai commercianti una propria decisione.

La necessità di regolare l’arredo dei dehors è nata da precise disposizioni della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici dell’Umbria per impedire il numero indiscriminato di installazioni temporanee presenti nel centro storico di Spoleto. È per questo che la precedente amministrazione comunale aveva già stilato un regolamento concordato con la Soprintendenza stessa. Di lì, rinvio dopo rinvio, si è arrivati al 2014 anno in cui la Soprintendenza ha fatto capire che il mancato rispetto degli impegni avrebbe portato al suo diniego sulle richieste di autorizzazioni paesaggistiche.

“L’ attuale amministrazione, allora appena insediatasi – spiega l’Assessore Antonio Cappelletti all’urbanistica e all’arredo Urbano – si è vista obbligata ad approvare il regolamento, non senza riuscire però ad ottenere, dalla Soprintendente allora in carica, una moratoria di due anni per consentire agli operatori commerciali, che, come detto, già da anni sapevano di doversi adeguare, un ulteriore lasso di tempo per organizzarsi.

All’indomani dell’approvazione del regolamento sull’arredo urbano vi fu un cambio del Soprintendente che chiese regole ancora più restrittive, “negando autorizzazioni – ricorda Cappelletti – anche per pedane e ombrelloni e disconoscendo il periodo di moratoria concesso in precedenza. In quell’occasione l’Amministrazione si schierò a fianco dei commercianti per trovare soluzioni che consentissero di montare ugualmente gli arredi esterni in quella fase di transizione e per rispettare l’impegno di moratoria preso con i commercianti, i quali, da parte loro, si impegnarono in quel momento ad adeguarsi al regolamento alla scadenza del periodo di moratoria. Ricordo che in quel periodo, per la posizione assunta a difesa dei commercianti, presso gli uffici comunali si presentarono anche i carabinieri del nucleo di tutela del patrimonio culturale inviati su richiesta del Soprintendente allora in carica. Accusare oggi l’amministrazione comunale di aver gratuitamente messo in atto un provvedimento che mette in difficoltà i commercianti non risponde, prima di tutto, alla realtà storica dei fatti. Negli anni poi, chi richiedeva ex novo autorizzazione per un dehors veniva già fatto adeguare alle nuove norme e così tanti hanno fatto fino ad oggi. Oggi alcuni commercianti vorrebbero, all’ultimo momento, venir meno agli impegni presi, con buona pace di tanti loro colleghi che si sono adeguati alle nuove norme. Solo questo risulterebbe già in sé ingiusto. Quando si applica un regolamento si applica infatti per tutti

Non capisco – conclude Cappelletti – il vero motivo della protesta. C’è chi sostiene che sia impossibile lavorare con gli ombrelloni ma molti esercizi lo fanno da anni. Altri sostengono che sarebbe stato necessario un ulteriore rinvio di un anno quando di rinvii in questa vicenda ne sono stati concessi già tanti ed oramai, visto il tempo trascorso, si sarebbero create vere disparità di trattamento tra un esercente ed un altro. Da un’altra parte ancora si lamenta che l’amministrazione comunale non sarebbe venuta incontro alle esigenze di sconto sulla TOSAP omettendo di dire che per bar e ristoranti il pagamento è stato rinviato a novembre e cioè a fine stagione. Non è neppure il caso di parlare di chi poi si lamenta che si i propri clienti si bagnino perché ha deciso di non mettere gli ombrelloni.

“L’alleggerimento degli arredi dei dehors è una tendenza – conclude Cappelletti – che si va affermando in ogni parte d’Italia proprio perché è maturata una nuova consapevolezza di tutela dei nostri beni monumentali che impone di non consentire più un’indiscriminata proliferazione di stili diversi sulle nostre vie e piazze. Più che mai in una città come la nostra che è a vocazione turistica ed è un museo a cielo aperto. Basterebbe immaginare cosa sarebbe oggi piazza del Mercato, dove ci sono ben dieci dehors, se ogni bar e ristorante avesse diritto di edificare un gazebo più o meno chiuso.BANNER-DUE-MONDI

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